sabato 10 aprile 2010

Così è morto Stefano Cucchi

Sintesi della perizia della parte civile

La morte di del Sig. Stefano Cucchi è addebitabile ad un quadro di edema polmonare acuto da insufficienza cardiaca in soggetto con bradicardia giunzionale intimamente correlata all’evento traumatico occorso ed alla immobilizzazione susseguente al trauma.
Il 17 ottobre 2009 alle ore 20.32, all’accesso al ricovero ospedaliero, veniva eseguito dai sanitari dell’Ospedale Sandro Pertini elettrocardiogramma che, pur se incompleto per mancanza delle derivazioni V1 E V6, era nello specifico patognomonico di marcata bradicardia sinusale (ritmo giunzionale a 49 battiti/minuto con anomalie diffuse aspecifiche della ripolarizzazione ventricolare. Nella derivazione V5 è presente una deflessione subito prima del QRS, ascrivibile ad onda P di piccolo voltaggio).
Orbene è noto che la bradicardia ha una varietà di eziologie tra le quali spiccano, per il caso in questione, quelle correlate all’attivazione dei riflessi nervosi[1]. La bradicardia come risposta a stimoli traumatici è stata ben descritta in casi di danni oculari, danni alle corna spinali[2], in caso di shock ipovolemico[3], emotorace spontaneo e traumi addominali. Nella maggior parte di questi casi si è dimostrato il coinvolgimento dei riflessi vagali.
Nel caso del Cucchi, il trauma lombare esercita un significativo effetto sulla funzione nervosa vagale che si estrinseca in maniera subdola a seguito del danno traumatico. E’ infatti dimostrato che i pazienti con lesioni midollari che interessano le prime vertebre lombari presentano alto rischio di disfunzioni cardiache in seguito ad alterazioni delle vie simpatiche dei nuclei intermediolaterali (si confronti [4] come review)
Le risultanze delle autopsie e degli esami TC e RMN ed RX, e l’esame istologico, confermano la realtà clinica e patologica diagnosticata nei due accessi al Pronto Soccorso Fatebenefratelli in data 16 e 17 ottobre 2009 e depongono tutte all’unisono per un grave quadro da trami contusivi chiusi, pluridistrettuale (distretto cranio facciale, distretto toracico, distretto addominale, distretto pelvico e sacrale), cui concomitava frattura somatica del corpo della terza vertebra lombare (con cedimento ed avvallamento dell’emisoma sinistro) e frattura del corpo della I vertebra sacrale con vasta area di infiltrato emorragico in corrispondenza dei muscoli lombari, del pavimento pelvico e della parete addominale, a dimostrazione della violenza degli effetti lesivi.
Con il progredire del quadro clinico e con la comparsa delle emorragie perilesionali (ex post confermate dal vasto ematoma retro peritoneale perilesionale di cui sopra) si determina uno stato ipertensivo irritativo locale che determina la compromissione grave di tali funzioni autonomiche: ed infatti il giorno 17 ottobre 2009, a 24 ore dal trauma, il Cucchi presenta una vescica neurologica con necessità da parte del sanitario dell’Ospedale Fatebenefratelli di posizionare catetere vescicale (per il presunto danno alla radici nervose tipico delle evoluzioni di questi soggetti con frattura di L3 e prima coccigea).
Il quadro bradiaritmico, misconosciuto dai sanitari, subisce un progressivo aggravamento e peggiora, durante il ricovero presso il Reparto Protetto dell’Ospedale Sandro Pertini, per l’instaurarsi di un grave quadro di alterazioni metaboliche, legate tanto al processo dell’evoluzione traumatica, quanto a gravi profili di scarsa attenzione assistenziale dei sanitari che si avvicendarono nell’iter clinico, così come all’eventuale atteggiamento di scarsa collaborazione del Cucchi.
Tale scadimento generale derivò, in buona sostanza, da un ipercatabolismo proteico tipico di un organismo privo, come era il Cucchi, di riserve adipose e povero di masse muscolari (peso all’ingresso 52kg, 37kg al decesso), aggravato dal trauma così come oggettivato anche all’autopsia.
Il concorso di tutte le condizioni suddette peggioravano il quadro di bradicardia giunzionale di base ed ipotensione e conseguentemente il deficit cardiaco con conseguente edema polmonare acuto evidenziato all’esame autoptico.
Merita di essere stigmatizzata la condotta dei sanitari che si avvicendarono nell’assistenza del Cucchi Stefano durante il ricovero presso l’ospedale Sandro Pertini, Medicina Protetta, avvenuto il 17 ottobre 2009.
Tale condotta sanitaria appare viziata da gravi elementi di negligenza, imperizia ed imprudenza, tanto nelle fasi diagnostiche, quanto nelle più elementari regole di accortezza del monitoraggio clinico e strumentale.
Le gravissime omissioni dei profili di assistenza che emergono, sono ancor più censurabili alla luce dell’atteggiamento di rifiuto parziale di acqua e cibo da parte del Cucchi, rifiuto che avrebbero dovuto, semmai, a maggior ragione, indurre i sanitari ad un più scrupoloso atteggiamento di guardia e di sorveglianza, in relazione alla criticità della patologia di base.

Nessuna perplessità genera la genesi traumatica e l’interpretazione del quadro lesivo oggettivato sul cadavere del Sig. Stefano Cucchi. Tutti gli esami effettuati in corso di autopsia dimostrano, inequivocabilmente, l’insorgenza traumatica e la sua genesi acuta, come incontrovertibilmente dimostrato dall’emorragie dei muscoli lombari a livello di L3 e dei muscoli della pelvi in corrispondenza del rachide sacrale.
Eguale conferma perviene dalla rilettura delle TC che confermano le diagnosi effettuate al PS del Pertini in data 16 ottobre 2009.
Tali lesioni sono compatibili con una genesi traumatica ad opera dell’azione combinata diretta ed indiretta (trasmissiva), reiterata, di tipo contundente e meccanico violenta.
La scarna fotografia emersa dai certificati medici del 16 e 17 ottobre 2009, permette comunque di datare precisamente l’evento lesivo tra le 13:00 e le 14:05 del giorno 16 ottobre 2009.

Dalla scansione dell’attività certificativa emerge che, alle ore 14:05 del 16 ottobre 2009, il Cucchi venne visitato, all’interno dei locali della Cittadella Giudiziaria e in quella occasione riferisce dolore ed ecchimosi in regione sacrale; 2 sole ore più tardi, alle ore 16:45, alla visita presso l’U.O.C. di Medicina Penitenziaria e Ass.za Patologie da Dipendenza 1° D della Casa Circondariale Regina, il sanitario di turno richiede urgente trasferimento presso il PS dell’Ospedale Civile Fatebenefratelli descrivendo ecchimosi sacrale-coccigea, tumefazione del volto bilaterale… Algia alla deambulazione…”
Alle ore 20:11 del 16 ottobre 2009, il Cucchi, ricoverato presso i locali del Pronto Soccorso dell’Ospedale Civile Fatebenefratelli, presenta dolore acuto alla palpazione a livello della regione sacrale accompagnato da un quadro di instabilità vertebrale con Stazione eretta e deambulazione impossibile in relazione alla frattura vertebrale…e riferisce l’isorgenza e la durata dei sintomi da 3 a 6 ore.” ovverossia alle 14:00 circa della medesima giornata.
Tale versione è l’unica plausibile e sostenibile alla luce del quadro clinico tipico di quadri consimili, giacché la frattura del corpo di L3, per di più con la concomitante frattura del corpo di S1, si caratterizzano, come già argomentato, per un quadro clinico rapidamente invalidante ed impedente tanto la deambulazione quanto la posizione seduta ed il mantenimento della stazione eretta in quanto associato a vivo dolore.


[1] Alboni P, menozzi C, Brignole M et al. An abnormal neural reflex plays a role in causing syncope in sinus bradicardia. J Am Coll cardiol. 1993; 22:1130-34
[2]Kawamoto M, Transient increase of parasympathetic tone in patients with cervical cord trauma. Anesth Intens Care, 1993; 21:218-221
[3] Secher NH, Bradycardia during reversibile hypovolemic shock: associated neural reflex mechanisms and clinical implication. Clin Exper Pharmacol Physiol 1992; 19: 733-43
[4] Grigorean VT, Sandu AM, Popescu M, Iacobini MA, Stoian R, Neascu C, Strambu V, Popa F. Cardiac dysfunctions following spinal cord injury. J Med Life. 2009 Apr-Jun;2(2):133-45.

giovedì 8 aprile 2010

In un momento in cui umanamente è difficile trovare delle spiegazioni al non senso di quello che è accaduto a mio fratello, l'unico vero conforto ci arriva dalla fede. La tempestiva risposta del nostro Vescovo è il segnale che la Chiesa non ci abbandona, così come il Signore non ha mai abbandonato Stefano.
Carissima Ilaria,
sento il dovere di rispondere alla tua lettera dalla quale ho appreso, inorridito, dell’ultimo atto di ingiustizia nei confronti di Stefano e della ferita ancora una volta inflitta a te e ai tuoi cari genitori. Il vostro dolore diventa il mio dolore. La mia afflizione vuole essere il mio modo di farmi prossimo alla vostra famiglia. Per questo ho voluto accompagnarvi al cimitero di San Gregorio e presiedere il rito di sepoltura anche se a quindici giorni dall’evento. La risurrezione di Cristo ci dice che il sepolcro non ha l’ultima parola. Dio si lascia completamente coinvolgere dalla fragilità umana, la assume nella sua carne portandola sulla Croce. Innalzato sulla croce, il Figlio di Dio si lascia ferire dall’amore; si rivela vulnerabile. Vulnerabile, infatti, è colui che è esposto alla possibilità di essere ferito, violato, colpito, percosso, offeso. E i più vulnerabili sono sempre i più piccoli, i più fragili e gli indifesi. La vulnerabilità di Dio è la porta aperta alla verità del suo amore. Dalle ferite sul corpo del Cristo risorto penetra la luce divina dell’amore; dalle sue piaghe siamo stati guariti. Chiunque crede che solo da queste ferite può penetrare la luce, rinasce a vita eterna; viene alla luce. Solo nell’amore si diventa luminosi. Colui che si rende impenetrabile ha scelto invece di non restare ferito. Ha scelto di non amare e, quindi, rimane nell’oscurità, nelle tenebre e nell’ombra della morte. Sento di incoraggiarvi nell’andare avanti nella ricerca della verità e della giustizia. Certo la giustizia umana non potrà restituirvi la vita di Stefano ma, se onestamente perseguita, farà progredire la società nella crescita del rispetto della dignità dell’uomo; il rispetto dei diritti umani anche di coloro che si trovano in stato di detenzione; il diritto alla difesa, il diritto alle cure, il diritto alla vita, il diritto ad avere il conforto degli affetti e della fede. La ricerca della giustizia e della verità ristabilisce lo Stato come garante di tutti diritti di ogni cittadino ed esigente dei doveri e delle responsabilità di tutti. Solo uno Stato che fa rispettare diritti e doveri di tutti può presentarsi come credibile custode dei suoi cittadini e specialmente dei più giovani.
La vostra dignitosa tenacia ha già prodotto alcuni effetti positivi come «la necessità di considerare con attenzione il rapporto tra la sanità e il carcere - a partire dall'esigenza di una piena, puntuale e completa attuazione del DPCM 1° aprile 2008 su tutto il territorio nazionale - al fine di tutelare e promuovere, nei cittadini posti nella condizione di restrizione personale, il diritto alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione» (Relazione conclusiva della Commissione parlamentare d'inchiesta sull'efficacia, l'efficienza e l'appropriatezza delle cure prestate al signor Stefano Cucchi, approvata nella seduta n. 65 del 17 marzo 2010). La Commissione parlamentare da voi interpellata, inoltre, non chiude il caso, anzi apre nuovi interrogativi da chiarire. Sono questi i primi passi per la ricerca di una verità umana che ridà dignità alla morte di Stefano e apre a un nuovo modo di pensare il regime carcerario.
La giustizia di Dio ci dà la certezza che Cristo, primogenito di coloro che risorgono, trasformerà il corpo sfigurato di Stefano a immagine del suo corpo glorioso. Il Signore gli conceda il perdono e la misericordia, accolga la sua anima nella pace eterna, e risusciti il suo corpo nell'ultimo giorno.

Vi abbraccio, vi benedico e vi auguro di vivere la Santa Pasqua nella pace.

Roma, 26 marzo 2010

+ Giuseppe Marciante