giovedì 17 giugno 2010

Chiesto rinvio a giudizio

Oggi la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per le tredici persone accusate per la morte di mio fratello Stefano: sei medici, Aldo Fierro, responsabile del reparto penitenziario del Sandro Pertini, Silvia Di Carlo, Flaminia Bruno, Stefania Corbi, Luigi De Marchis Preite e Rosita Caponetti; tre infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe; tre agenti penitenziari Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici; il direttore dell'ufficio detenuti e del trattamento del provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria Claudio Marchiandi. I reati contestati vanno dalle lesioni aggravate all'abuso di autorità nei confronti di arrestato, dal falso ideologico all'abuso d'ufficio, dall'abbandono di persona incapace al rifiuto in atti d'ufficio, fino al favoreggiamento ed all'omissione di referto.
Se da un lato mi ritengo soddisfatta per l'importanza del primo traguardo raggiunto, soprattutto ricordando il punto da cui siamo partiti "morte naturale", dall'altro è un momento di grande riflessione e immenso dolore per la consapevolezza di quanto Stefano deve aver sofferto, sentendosi poi nella sofferenza anche abbandonato a se stesso.

sabato 12 giugno 2010



"Senza intercettazioni cosa sapremmo di...?"
Mercoledì 16 giugno assemblea Articolo21. Premi a Ilaria Cucchi, Patrizia Aldrovandi, Loris Mazzetti



http://www.articolo21.org/1286/notizia/senza-intercettazioni-cosa-sapremmo.html

Un'emozione indescrivibile trovarsi vicine, per la prima volta tutte e tre insieme, con Patrizia Moretti e Lucia Uva. Unite da drammi simili e stesso atroce dolore per le assurde morti di Stefano, mio fratello, Federico, figlio di Patrizia e Giuseppe, fratello di Lucia. Un dolore che solo noi e le altre famiglie che si trovano ad affrontare simili tragedie possiamo comprendere. Un dolore che nulla, neanche la giustizia, potrà mai affievolire. La nostra difficile battaglia è per rendere ai nostri cari quella dignità che è stata loro negata e per provare a far in modo che a nessun altro debba capitare ciò che è successo a loro. Chiediamo la verità, prima ancora della giustizia, perché comprendere è il solo modo per provare ad andare avanti. E non riusciamo a capire perché una famiglia, distrutta da un'ingiustizia così grande, debba mettersi in discussione e rivivere quotidianamente lo stesso identico dolore per ottenere delle risposte, quando invece sarebbe un sacrosanto diritto. Ricorrere a gesti eclatanti, come quello di pubblicare foto che mai avremmo voluto vedere, per essere ascoltati. Eppure purtroppo questa è la triste realtà. Molto spesso non agire in questo modo, vuol dire accontentarsi della verità di comodo... morte naturale.

venerdì 4 giugno 2010

Lettera di Patrizia Moretti


Cara Ilaria, queste sono le mie foto. Quelle di Federico. Questo è ciò che con legge si vorrebbe nascondere.
Siamo entrambe legate da un terribile destino. Vivere senza mio figlio Federico e tuo fratello Stefano.
Entrambe conosciamo la fatica e il calvario per avere verità e giustizia per i nostri cari.
Questa foto di Federico, morto per “malore” è stata pubblicata su Liberazione in prima pagina, quando nessuno pareva voler fare veramente indagini.
Questa foto del sangue di mio figlio ha tolto il fiato alle coscienze di chi non voleva vedere o dire. Il Pubblico Ministero è cambiato e le indagini sono state avviate veramente fino a far condannare chi le aveva fatte fino a quel momento.
Entrambe conosciamo la violenza dell’autorità del potere quando mistifica, nasconde. Di fronte al quale si soccombe perché non si è creduti, perché la verità è terribilmente scomoda.
Abbiamo registrato ciò che ci veniva detto perché dopo veniva negato. Violenza su violenza. La parola di una semplice cittadina contro l’istituzione.
Questo si voleva che fosse. I testimoni dopo averci parlato si defilavano, negavano di averlo fatto o smentivano se stessi. Questa foto, Ilaria, è quella di tuo fratello Stefano. È il pugno della verità sulla menzogna e sui depistaggi.
Anche per la mia famiglia intervenne il Presidente della Camera. Anche questo ci accomuna.
Ho lottato anche perchè ciò che è successo a mio figlio non si ripeta mai più. Quindi perché eliminare proprio tutto ciò che lo stesso Giudice ha riconosciuto esser stato determinante affinché non ci venisse negata Giustizia!
Ciao Ilaria.
La mia famiglia è cattolica e di idee da sempre vicino alla sinistra, ma mi piace il tuo Presidente.
Ti voglio bene.

giovedì 3 giugno 2010

MUNICIPIO VI APPROVA MOZIONE

Roma, 31 mag - Il VI municipio di Roma chiede al sindaco Alemanno ed alla sua Giunta di costituire il Comune parte civile nel futuro processo legato alla morte di Stefano Cucchi. Il consiglio municipale ha infatti approvato oggi all'unanimità una mozione che impegna Alemanno «a garantire il massimo del coinvolgimento possibile della comunità cittadina affinché tale vicenda dai contorni inumani possa almeno servire come monito alle coscienze di tutti che nessuno è sopra la legge, a chiunque è negato l'arbitrio e che il rispetto della vita umana è l'unica certezza indiscutibile in uno stato di diritto e democratico». Durante la seduta, che si è svolta nella sede di piazza della Marranella, è stato anche approvato un ordine del giorno che istituisce un memoriale dedicato a Stefano. Probabilmente si tratterà di una competizione di boxe, sport amato dal giovane. «La mozione - ha affermato il presidente Giammarco Palmieri - non è un atto di solidarietà, nè di vendetta ma un atto opportuno e doveroso perchè la presenza istituzionale al processo, rappresenta tutti i cittadini. Si combatte con la giustizia e le armi devono essere quelle della solidarietà civile. Certo non sta a noi la ricerca dei colpevoli ma la sensazione di sentirsi indignati perchè quando è lo stato o le istituzioni a rendersi in qualche modo 'colpevolì le persone, i cittadini, si sentono indifesi. È un documento che più di ogni altro ci impegna a nome di tutti i cittadini del municipio VI che chiedono giustizia per Stefano e per la sua famiglia». Nell'aula consiliare erano presenti anche il padre e la sorella del giovane, Ilaria e Giovanni Cucchi. «La violenza - ha detto il papà di Stefano, Giovanni - non si combatte con la violenza ma con la tolleranza e l'aiuto civile. Siamo grati al Comune ed alle istituzioni per questo documento. Non vogliamo vendetta ma verità e giustizia». La mozione dovrebbe arrivare anche in aula Giulio Cesare e calendarizzata per le prossime sedute di lavoro.